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29 agosto 2011 1 29 /08 /agosto /2011 23:14
Sul Giornale del popolo del 20 marzo 2010 è apparso l'articolo di Tarcisio Cima "Territorio e lacrime di coccodrillo" che non ha perso nulla in attualità.

Non condividiamo un'idea espressa nell'articolo: se l'idea di stadio-centri commerciali è demenziale (soprattutto quella ipotizzata nel 2010 e che ora sembra fortunatamente sfumata)  non ci sembra neppure buona quella di insediare attività industriali: perché mai si dovrebbe cementificare ogni spazio ancora verde con industrie? per fare la fine di San Martino o del Pian Faloppia?

Infatti il cosiddetto Parco tecnologico del Pian Faloppia dovrebbe insegnare qualcosa! Non doveva essere "un progetto che privilegia e sostiene l'insediamento di imprese innovative" (come si legge nel sito internet pianfaloppia.com)? 150'000 mq che non sono stati occupati da imprese innovative, bensì occupati dalla logistica, altro mostro-ingoia-spazio - assieme ai centri commerciali - di questi decenni, che si sta mangiando il Mendrisiotto, come ha ben spiegato l'arch. Tita Carloni in diversi scritti e conferenze.

Sempre sul sito citato si legge una vera perla (evviva la coerenza: bello sviluppo tecnologico-industriale!): "La presenza di ottime infrastrutture stradali, autostradali e ferroviarie, l'ottima dotazione di reti di comunicazione telematiche, la vicinanza con importanti piazze finanziarie e il diffuso multilinguismo della forza lavoro hanno negli anni favorito l'insediamento di colossi nel campo della logistica, quali Goth, Gondrand, ABX Saina, Hoyer, Schenker, Hupac. (...)": ma dove sono finite le "imprese innovative"?

Bisognerebbe ristudiare, per tutto il Cantone, le vere necessità a cominciare da tutte le aree destinate all'industria e all'artigianato occupate abusivamente dai centri commerciali - o meglio, con la complicità delle autorità politiche - o non occupate e rimaste cattedrali nel deserto; poi bisognerebbe anche seriamente difendere quelle destinate all'agricoltura, attività vitale vergognosamente sacrificata da tutti!

 

TERRITORIO E LACRIME DI COCCODRILLO
Forse sarebbe più dignitoso se la smettessimo di lamentarci per come abbiamo maltrattato il territorio urbano e suburbano ticinese. Perché sono in gran parte lacrime di coccodrillo. Il coccodrillo che, dopo aver dilaniato per l’ennesima volta le carni vive della vittima, versa lacrime abbondanti, nell’attesa - brevissima - che gli ritorni l’appetito. Certamente tutte lacrime di coccodrillo sono quelle versate per deplorare la disordinata proliferazione dei centri commerciali. Quasi tutti, compresi molti di coloro che l’hanno voluto e attuato in prima persona, criticano quanto è stato fatto: l’aver sacrificato ai centri commerciali - nella più completa anarchia - il Pian Scairolo, la Piana di San Martino a Mendrisio, ampie zone sui due lati del Piano di Magadino (da Camorino a Quartino, da Riazzino a Tenero), una vasta area a Castione, senza contare gli innumerevoli insediamenti, vecchi e nuovi, sparsi per ogni dove. Eppure si continua allegramente a costruire, a progettare, a discutere di nuovi insediamenti. Alcuni di essi, i più grossi, sono ora abbinati alla costruzione di un nuovo stadio per il calcio, ormai diventato il moderno cavallo di Troia per introdurre nella mai sazia "citta-Ticino" nuovi centri commerciali. Non so se in Ticino siano necessari uno o più nuovi stadi. Può anche darsi che lo siano.
Ma il politico che si batte (legittimamente) per l’uno o l’altro progetto deve sapere – e deve dirlo ai suoi elettori – che anche uno solo, ovunque lo si realizzi, quali che siano i promotori iniziali e l’abbinamento con altre attività, entro poco tempo resterà interamente sul gobbo dell’ente pubblico, cioè dei cittadini. Non ha insegnato niente la travagliata vicenda degli impianti di risalita? Nel solo Bellinzonese addirittura tre ubicazioni si contendono, con fortune alterne, l’ambita realizzazione. Nessuno demorde, ognuno continua imperterrito ad investire energie e risorse finanziare pubbliche e private. Al momento attuale sembra avere il vento in poppa il progetto di Castione. Qui una società italiana propone il modello della “cittàmercato”, meglio conosciuto in Italia con il nome di “outlet”: un investimento da 250 milioni di franchi, oltre un centinaio di negozi di ogni genere su 50.000 mq di superficie, con l’aggiunta delle strutture ed attività più disparate: 4-5 ristoranti, sale gioco, bowling, spazi per manifestazioni, wellness, poliambulatorio medico, laboratorio dentistico polivalente, ufficio di rappresentanza comunale, perfino una “città dei bambini”, dove questi verranno parcheggiati – per non disturbare gli acquisti degli adulti – e potranno «imparare ad impastare e cuocere il pane o a fabbricare il cioccolato». E lo stadio in aggiunta, ormai quasi solo come “optional”. Pure una “città del sesso” nei paraggi?
A me sembra che l’offerta di centri commerciali in Ticino sia già ora sovrabbondante, abnorme perfino, rispetto alle necessità dei ticinesi, dei turisti che soggiornano in Ticino, di quelli che lo attraversano e pure di quelli che ci vengono solo per gli acquisti. È mai possibile che non riusciamo a vedere e a porci un qualche limite in questo campo? Veramente riteniamo sensato e sopportabile per il territorio realizzare a Castione un gigantesco complesso commerciale che, nelle intenzioni dei promotori, vuole attirare 5 milioni di clienti all’anno, un terzo dei quali dovrebbe provenire da 200-300 km di distanza, a 2-3 ore di trasferta in auto? Siamo sicuri che l’attuale interesse degli italiani per gli acquisti in Ticino rimarrà tale nel tempo? Non ha insegnato nulla la storia delle altalenanti fortune (e sfortune) del commercio di frontiera nel Mendrisiotto? Più che a nuovi insediamenti, non sarebbe meglio pensare a mettere un minimo di ordine e di qualità nel marasma di quelli esistenti?
In Ticino abbiamo ancora pregevoli centri di città e di borghi, la cui vitalità è però sempre più minacciata dal moltiplicarsi di centri di acquisto ai loro margini. Pensiamo a recuperare e valorizzare, anche dal punto di vista commerciale e turistico, quel prezioso patrimonio originario, piuttosto che inventarci nuovi mostruosi surrogati artificiali nell’immediata periferia. A Castione la “città-mercato” dovrebbe sorgere su quella che oggi per il Piano regolatore comunale è zona industriale. Una zona industriale piuttosto dimessa ed “incasinata” come tante altre, ma che rappresenta forse l’ultima area di una certa ampiezza – ed ottimamente posizionata – sulla quale si potrebbe organizzare ed attrezzare una moderna zona industriale degna di questo nome. Non c’è programma di partito, non c’è politico che non proclami la necessità di mantenere e sviluppare un settore industriale forte e competitivo, di puntare sulle tecnologie più avanzate e sugli ambiti di attività più promettenti; attorno alla lotta per la salvaguardia delle Officine di Bellinzona è nata l’idea di costruire un “polo tecnologico” dedicato al settore dei trasporti ferroviari. Ma dove le mettiamo poi tutte queste belle attività, se ogni spazio pianeggiante ancora disponibile lo riempiamo di depositi, di magazzini e di centri commerciali?
TARCISIO CIMA

  

Riproponiamo anche l'articolo che accompagnava quello di Cima, così da avere la visione completa.

 

Anche Castione pianifica la sua città dello shopping

Sottoposto al Cantone il Piano che apre la strada a stadio e centro commerciale. Rilancio dell’area industriale ad ovest della ferrovia, riordino del tessuto residenziale e viario, più la “prima ticinese” di una zona a luci rosse. E se dovesse arrivare lo stadio...

 

Arbedo-Castione pensa in grande. Con il suo Piano d’indirizzo consegnato giovedì scorso al Dipartimento del Territorio, mette sul piatto un menù urbanistico completo e variegato che comprende il rilancio dell’area industriale e commerciale ad ovest della linea ferroviaria, il riordino dell’attuale comparto commerciale e residenziale ad est (zona Coop), la sistemazione dell’assetto viario in generale (comprese piste ciclabili e pedonabili) e persino, prima assoluta in Ticino, la destinazione di una precisa area per l’insediamento di locali a luci rosse. Ma Arbedo- Castione conta anche di stravincere il “derby” con la città di Bellinzona candidandosi a luogo ideale per il futuro stadio granata con centro commerciale annesso e connesso. Un progetto ambizioso e, per molti aspetti un “unicum” che, dopo l’esame preliminare del Cantone (previsto in circa quattro mesi), costituirà la premessa di una variante di Piano regolatore che dovrebbe approdare per l’approvazione in Consiglio comunale entro la fine dell’anno.
Quello presentato giovedì è l’anteprima di uno strumento pianificatorio, come hanno sottolineato all’unisono il sindaco di Arbedo-Castione Luigi Decarli e il direttore del Dipartimento del territorio Marco Borradori, che rappresenta un progetto modello nonché pilota di sviluppo sostenibile e non solo del polo bellinzonese ma anche di tutto il Cantone. «È dal 2006, sempre in accordo e in collaborazione con il Cantone, che stiamo lavorando a questa variante di Piano regolatore», ha ricordato Decarli.
Borradori ha invece spiegato che a dare una spinta alla valorizzazione di un’area industriale programmata dalla pianificazione cantonale, ma mai decollata - 375’000 mq. di superficie da sfruttare per insediamenti produttivi rimasti praticamente sulla carta - ci hanno pensato le FFS con l’investimento nello scalo di Castione come punto nodale della rete ferroviaria TILO. Un ulteriore input è certamente arrivato nell’ultimo anno, quando s’è palesata la possibilità di costruire, a ridosso di ferrovia e svincoli autostradali già esistenti, il nuovo stadio del Bellinzona. Centro commerciale e stadio, come ha ricordato Decarli, che saranno chiaramente i volani e le priorità del progetto di “Nuova Castione”. Se si arriverà alla licenza edilizia e a posare la prima pietra, tutto si muoverà intorno a questa “cittadella” dello shopping e dello sport. Con particolare attenzione, ha spiegato Decarli, ad una viabilità sostenibile e non invasiva «che permetta alla nuova area commerciale di svilupparsi restituendo una destinazione tipicamente residenziale e più ordinata al nucleo di Castione». 
MAURO GIACOMETTI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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