Pubblico la II° parte della ricerca su Hermann Hesse.
Consiglio di entrare nel sito del museo Hesse di Montagnola: potrete trovare fotografie e acquerelli che aiutano moltissimo a capire il legame tra le opere di
Hesse e il paesaggio, il giardino e l'orto della Casa Rossa.
Tiziano
Per Hermann Hesse la natura, la campagna e i giardini sono sempre stati luoghi d'invito a una molteplicità
di funzioni: alla meditazione, alla contemplazione, alla rigenerazione spirituale, all'attività fisica, al piacere e al riposo.
Nel testo In giardino
pubblicato nel marzo 1908 egli scrive: «Per noi che possediamo un giardino è giunto il momento di pensare ai molti lavori di primavera. […]
Non sono forse una disgrazia cinque lunghi e bui mesi senza giardino, senza profumi, senza fiori, senza foglie verdi? Adesso, però tutto ricomincia, e se
oggi il giardino giace ancora spoglio, per colui che vi lavora tutto è già presente in germe e nell'immaginazione. […] Man mano che il lavoro procede
si placano gli entusiasmi: questo piccolo e tranquillo giardino ci cattura e ci induce a reminiscenze e pensieri di altro tipo. Nel giardinaggio c'è qualcosa di simile alla presunzione e al
piacere della creazione: si può plasmare un pezzetto di terra come si vuole, per l'estate ci si può procurare i frutti, i colori e i profumi che si preferiscono. Si può trasformare una piccola
aiuola, un paio di metri quadrati di nuda terra, in un mare di colori, in una delizia per gli occhi, in un angolo di paradiso. Ma tutto questo ha dei limiti precisi. Alla fine, nonostante
desideri e fantasie, occorre volere solo quello che la natura vuole lasciando che sia lei a disporre e provvedere. La natura è irriducibile. Talvolta si fa lusingare, pare si lasci raggirare, ma
poi fa valere con tanto più rigore i propri diritti. […] Inoltre, in giardino il breve ciclo della vita è ancora più limitato, evidente e palpabile
che altrove. La nuova stagione è appena iniziata e già siamo circondati da foglie cadute, cadaveri, getti e polloni recisi, piante soffocate o altrimenti morte che di settimana in settimana
aumentano e vanno a finire sul mucchio della composta insieme ai rifiuti di cucina, alle bucce di mela […] Non passerà molto che dai tristi rifiuti e
dalla morte nasceranno nuovi getti e polloni, e ciò che è marcito e si è disfatto riprenderà vita in forme nuove, belle e colorate. Così l'intero e semplice ciclo vitale, che tanto preoccupa gli
uomini e che tutte le religioni interpretano con venerazione, si compie inequivocabilmente, veloce e in silenzio, in ogni piccolo giardino. Nell'allegra attesa primaverile semino nel mio piccolo
giardino fagioli e insalata, resede e nasturzi, che poi concimo con i resti dei loro predecessori; intanto penso a questi ultimi e alle generazioni che verranno. Come tutti, considero questo ben
ordinato ciclo vitale un fatto ovvio e, in fondo, intrinsecamente bello. Solo di tanto in tanto, mentre semino e raccolgo, mi passa per la mente quanto sia strano che fra tutte le creature
esistenti sulla terra solo noi uomini abbiamo da ridire sul corso degli eventi e, non contenti dell'immortalità di tutte le cose, ne vogliamo per noi una personale, propria,
particolare».
In questo articolo pubblicato nel Neues Wiener Tagblatt
troviamo alcuni temi che saranno approfonditi da Hesse per tutta la vita.
Tra il
1919 e il 1962 la natura e il paesaggio della regione di Lugano e del Comune di Montagnola così come il giardino di Casa Camuzzi e poi il giardino e l'orto della Casa Rossa sono stati per Hesse
fonti di ispirazione per le opere più importanti, che gli hanno poi valso l'ottenimento dei più prestigiosi premi letterari europei e
mondiali.
È opportuno ricordare che con il trascorrere degli anni il nostro autore modificherà il suo rapporto con il
giardino, come spiega Volker Michels nell'illuminante Postfazione
al libro In giardino: «[…] Nel 1931 due circostanze permisero a Hesse di tentare nuovamente una vita simile
a quella che aveva condotto prima a Gaienhofen e poi a Berna, una vita che offrisse spazio anche per un giardino. La prima fu l’aiuto di un abbiente
amico zurighese che permise allo scrittore ormai già cinquantaquattrenne di costruirsi una casa di proprietà. La seconda fu l’incontro con Ninon Dolbin, la quale comprese subito che per un uomo
come lui la felicità consisteva nella possibilità di vivere per il proprio lavoro […]. Questa volta, però, il giardino rivestì per Hesse una funzione leggermente diversa da quella di un tempo,
quando ancora rappresentava l’aspetto fondamentale di una vita incentrata sull’autarchia e sul superamento delle dipendenze dalla civilizzazione».
È il medesimo Hesse a spiegare il cambiamento nell'articolo Ritorno
alla spontaneità, del 1954: «[…] In effetti, tutto il mio giardinaggio col passare del tempo è diventato un gioco da eremita senza alcun significato
pratico, o meglio, un tale significato ce l'ha ma per me soltanto, come igiene ed economia personali. Quando i dolori agli occhi e alla testa diventano troppo fastidiosi, mi occorre cambiare
attività, ho bisogno di fare un diverso uso del fisico. L'apparente lavoro di giardiniere e di carbonaio, che ho escogitato a questo scopo nel corso degli anni, deve servire non solo a questo
diverso uso del corpo e al suo rilassamento, ma anche alla meditazione, alla tessitura dei fili della fantasia e alla concentrazione degli stati d'animo. Di tanto in tanto cerco dunque di rendere
più difficile al mio prato il suo trasformarsi in bosco. Altre volte mi fermo davanti al terrapieno che, più di vent'anni or sono, avevamo alzato lungo il confine a sud della proprietà, con la
terra e gli innumerevoli sassi raccolti scavando il fosso che doveva servire da barriera al bosco attiguo: un tempo lo avevamo piantato a lamponi.»
Nel 1931 quando Hermann e Ninon Hesse si stabiliscono nella Casa Rossa il terreno della proprietà è stato
modificato dall'intervento di una ditta specializzata, come ricorda Volker Michels: «il terreno di undicimila metri quadrati, acquisito nel luglio del
1930 sul pendio rivolto a sud sopra il villaggio di Montagnola, aveva una posizione meravigliosa con una magnifica vista sul lago e sui monti della sponda italiana, ma le balze ripide e pietrose
coltivate un tempo a vigna non erano certo adatte per impiantare un giardino. Tuttavia fu fatto tutto quello che l'abilità di un bravo giardiniere poteva ottenere. Seguendo il motto di Hesse, di
"applicare quel poco di libertà necessaria per far diventare la volontà della natura la mia volontà", il terreno fu reso coltivabile da un'impresa di giardinaggio con humus, muretti di sostegno,
scale e vialetti, evitando una drastica ricomposizione fondiaria, ovvero conservando in gran parte la struttura del terreno. Si provvide a rinserrare una fonte, a piantare alberi, e sotto i
castagni ai margini del bosco fu costruito un campo di bocce. Centro del giardino rimase il vigneto che Hesse avrebbe voluto dare in appalto. Siccome però nessuno si mostrò interessato, fu
necessario chiamare un bracciante per non dover vendemmiare i settecento chili di uva che d'ora innanzi bisognava far fruttare ogni anno. Sulle terrazze più in basso furono disposte le aiuole per
fiori, fragole, verdura, insalate ed erbe aromatiche, mentre su quelle superiori e più strette rimasero le viti.»
In particolare il giardino e l'orto della Casa Rossa sono stati luogo d'ideazione di opere essenziali e il
lavoro di cura che Hesse dedicò loro è stato dettagliatamente descritto, per esempio in Ore nell’orto, un poema scritto nell'estate del 1935 per il
sessantesimo compleanno della sorella Adele.
Ore
nell'orto:
I. Al mattino, verso le sette
lascio la sala,
esco
subito fuori, sulla chiara
terrazza;
il calore del sole è già
intenso,
all'ombra intermittente del
fico,
la ruvida balaustra di
granito
è già tiepida al
tocco.
Stanno qui e mi aspettano i
miei strumenti,
ogni arnese mi è familiare e
amico […]
II. Passando tra le viti, su per il pendio erboso,
il cappello di paglia ben
calcato sulla fronte,
salgo i gradini di pietra
ben connessi,
[…] mi accoglie
l’orto,
mi accoglie il ripido
vigneto,
anche i pensieri son già
lontani,
via dalla casa, dalla
colazione, dai libri,
dalla posta, dai
giornali.
[…] noi amiamo il nostro
regno vegetale,
e molto, perché qui si
concentra
un valore e una ricchezza
non da poco,
un valore che
l'estraneo
(ma non a tutti si concede
di vederlo)
stenta a capire, ma che noi
apprezziamo
come un tesoro di cui esser
grati.
III. […] Ti apprezzo,
mia verde tana,
mio cumulo d’erbacce dentro
l’ombra,
rifugio amico
di lunghe ore: quando
intorno infuria la calura,
e gli uccelli son zitti nel
bosco,
o quando mi caccia dallo
studio
un malumore o una
pena,
o l’insofferenza del
lavoro,
l’odiosa lettera di un uomo
malvagio,
o uno scoramento
…
tu, invece, con serenità
immutabile
mi hai accolto,
mi hai ospitato per
ore
di perfetto e divino
silenzio,
rotto appena da un picchio
nel bosco.
Ti son grato
di molti sogni e
pensieri,
di una vaga felicità di
sprofondare.
IV. […] Bene, vi vedo sorridere, amici,
e sorridete
pure,
del mio rannicchiarmi a
terra,
del mio attizzare focherelli
e brace,
del mio infantile piacere di
sogni solitari,
del mio covare
pensieri
fioriti di parabole – io me
ne vanto.
[…] Perciò
contentiamoci,
– ma contrastando il corso
del mondo –
anche nel tempo dei più
fervidi desideri
inseguendo quella pace
dell’anima,
che gli antichi esaltavano e
ambivano,
e facciamo il
bene.
[…] scuoto il morbido
composto
pian piano, fin che sotto il
crivello
si forma un piccolo
cono
della più fina terra
incenerita.
Senza volerlo,
seguo,
scuotendo, un ritmo
fisso
e sempre uguale.
Con il ritmo,
ritorna
nella memoria mai
stanca
una musica, che mi
accompagna,
ancora senza
nome,
ancora senza
autore,
ma d'improvviso lo so: è
Mozart,
è un quartetto con oboe
…
Con esso rinasce
nell’animo
un gioco di fantasia,
fluisce in me
come già fece anni
fa,
è il Gioco delle perle di
vetro,
una graziosa
invenzione,
la sua struttura è la
musica,
la sua essenza, la
meditazione.
[…]
V. Mi scuote e ridesta, dopo un'ora,
dopo che una
breve,
una soave eternità mi ha
cullato,
una voce fresca, dalla
casa […].
Quest'opera valse a Hermann Hesse il Premio Gottfried Keller nel 1936.
Anche per l'ultima poesia, scritta l’8 agosto 1962, vigilia del suo decesso, il suggerimento gli fu dato da
un ramo della robinia del giardino:
Scricchiolio di un ramo
spezzato:
Ramo spezzato e scheggiato,
che ormai pende anno dopo anno
e asciutto scricchiola al vento il suo
canto,
senza più fogliame né scorza,
spelato, scialbo, di lunga vita
di lunga morte stanco.
Secco risuona e tenace il suo canto,
caparbio risuona e in segreto
angoscioso
ancora per tutta un'estate,
per tutto un inverno ancora.
Secondo la testimonianza del figlio Bruno Il gioco delle perle di vetro fu concepito «durante i momenti
di giardinaggio, a contatto con la terra»;
Thomas Mann in una lettera inviata al suo amico Hermann Hesse si riferì a quest'opera con queste parole: «il sorprendente dono che Lei ha fatto al mondo
dello spirito […] con quel romanzo-monumento deliziosamente ricco e maturo».
Fu proprio Mann a proporre Hesse per il premio Nobel per la letteratura, che gli fu conferito nel novembre del 1946.
Tra i molti richiami presenti in questo romanzo una poesia ci ricorda Ore nell'orto; s'intitola Il gioco delle perle di vetro:
La musica del mondo e dei sapienti
Siam pronti ad ascoltare riverenti
E ad evocare a festa i venerati
Spiriti di periodi più beati.
Siamo tutti compresi dei misteri
Della scrittura magica che in veri
Simboli chiari e formule ha serrato
Il fervor della vita sconfinato.
Tintinnano come astri di cristallo,
dobbiamo ad essi se la vita ha senso,
nessuno uscire può dal loro vallo
se non cadendo verso il sacro centro».
Prinz nella sua biografia dedicata al nostro autore ha scritto che «i migliori pensieri gli venivano durante il lavoro nel giardino» [p. 192]. Ha anche ricordato che nei momenti di maggiore intensità emotiva Hermann Hesse
trovava pace ed equilibrio nel giardino, come alla morte della sorella Adele
o quando, nel 1955, Ninon Hesse ritirò il premio per la pace assegnato al marito dai librai tedeschi.
Questi sono solo alcuni fra i moltissimi spunti che le letture delle opere di Hesse e quelle
delle testimonianze di figli, moglie, parenti e amici ci hanno fornito.
Ogni lettore di Hermann Hesse può trovare molteplici altri legami tra la terra ticinese, che
egli prese come dimora per oltre quarant'anni, e le sue opere universalmente amate.
Tiziano
(fine seconda parte)