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13 agosto 2014 3 13 /08 /agosto /2014 22:50

Propongo alcuni passaggi dal bellissimo libro di Carlo Zanda "Un bel posticino", Marcos y Marcos : opera da comprare e da leggere lungo i sentieri e LUOGHI di Hermann Hesse. Zanda ha letto in modo molto approfondito l'opera di Hesse, ne ha colto l'essenza e ci introduce ad essa e al mondo hessiano con rarissima intelligenza. Meriterebbe un premio.

Tiziano

La Casa Rossa (pp. 191-193)

Dallo studio di Hermann si godeva la vista su Lugano e Montagnola, le finestre di Ninon guardavano invece il Monte San Salvatore e il Monte Generoso. Entrambi be­neficiavano della protezione naturale assicurata da fitti boschi di castagno e, tutt'intorno, da pendii coperti di alberi da frutta, vi­gneti, alberi di fico, alberi della terra di Canaan. (...)

In effetti la casa era "ìncredìbìlmente grande e bella">. Molte delle persone che nel corso degli anni sono state a Montagnola per incontrare Hesse l'hanno descritta nei dettagli. L'editore Sieg­fried Unse Id rimase colpito dalla sala della biblioteca che dava un'atmosfera particolare"? agli incontri tra Hermann e i suoi vi­sitatori. Un altro frequentatore abituale, il medico e amico Cle­mente Molo, ha raccontato la discrezione e il clima di rispetto reciproco che regnavano nella Casa Rossa: "Ninon lavorava in una grande camera ariosa, e lui spesso rimaneva nella sua stanza. Scendeva al mattino a far colazione. La guardava sorridendo, prima di ritirarsi nella luce quieta del suo osservatorio. Come un monaco isolato in una torre a picco sul mondo, ritto al centro della sua isola che né la dedizione né 1'amore potranno mai var­care">. Il suo studio "era un santuario di cui aveva concesso con riluttanza la chiave [ ... ] solo alla donna delle pulizie, che peraltro doveva restituirgliela ogni mattina dopo aver provveduto in modo sommario all'indìspensabìle'". Ninon si appropriò, senza che peraltro Hermann la ostacolasse minimamente, del ruolo di pater familias. La Casa Rossa divenne così un eremo ben organizzato e molte altre cose. Fu al tempo stesso il luogo degli affetti familiari, dell'amicizia e della solida­rietà.

La stanza degli ospiti, quando Ninon era in viaggio, era spesso occupata da almeno uno dei figli di Hermann che a turno si prendevano cura del padre.

Il giardino e la biblioteca accolsero le conversazioni con il fior fiore della cultura europea: Karl Kerényi, Thomas Mann, Max Brod, Suzanne Debruge, Herbert Marcuse, Andrè Gide, Romain Rolland, Max Picard, Bernard von Brentano, Martin Buber, Max Frisch, Peter Suhrkamp, Bertold Brecht...

La sala da pranzo vide spesso riuniti nei giorni di festa gli amici più cari della Collina d'Oro: Emmye sua figlia Annemarie, il pit­tore Hans Purrmann con Maria Geroe-Tobler, Gunter Bòhmer e sua moglie Ursula ...

Il 10 agosto 1931, quando gli Hesse si trasferirono nella loro "isola", mancavano due anni alla presa del potere da parte di Hit­ler. Presto la Casa Rossa si sarebbe trasformata in "un faro che attraeva i dispersi, gli esuli, i diseredati". "Chiunque cercasse una parola-guida, una frase o un incitamento a proseguire la strada faticosamente intrapresa" ha ricordato Molo "si recava da Hesse, scriveva a Hesse, ne attendeva fiducioso la risposta e continuava a essergli grato per tutta la vita". Hermann, che da tempo sentiva la bufera avvicinarsi minac­ciosa all'Europa, immaginò allora Castalia, la cittadella del Giuoco delle perle di vetro che si oppone alla catastrofe incombente. Castalia, così simile al Ticino che ora Hesse poteva ammirare dalle finestre del suo nuovo studio ...

II giardinaggio (pp. 198-199)

Con l'ingresso nella sua nuova casa, la vita di Hesse cambiò ra­dicalmente. Era l'autunno del 1931 e da allora per tutti quelli che oltrepassavano iI cancello della Casa Rossa - dal postino all'ac­clamato scrittore, dai fornitori al grande statista di passaggio sulla Collina d'Oro - Hermann divenne l'icona immortalata nelle foto del figlio Heiner: l'uomo abbronzato in divisa da giar­diniere e con il cappello di paglia intento a tagliare rami secchi o a fare piccole cataste di foglie da bruciare.

"Comunque sia la vita, capita talvolta che si realizzi qualcosa di simile alla felicità".1

Che cosa significasse per lui avere un giardino, Hesse lo aveva spiegato così bene a Hans Bodmer da convincerlo a regalargliene uno. Ma praticare il giardinaggio era cosa diversa dal possedere un giardino. Quel "gioco da eremita" apparentemente "senza alcun significato pratico" se non quello di alleviare le sofferenze agli occhi o alla testa, in realtà gli era indispensabile come la let­tura dei libri o l'ascolto della musica. Era alimento spirituale. Serviva alla "meditazione, alla tessitura dei fili della fantasia e alla concentrazione degli stati d'animo. "Per la maggior parte della gente strappare le erbacce è noioso" spiegò un giorno al fi­glio Bruno "per me invece non è per niente noioso, è stimolante per la meditazione, proprio perché non richiede alcuna attenzione particolare. Le mani sono occupate, ma la testa è libera". E gli svelò un segreto: buona parte del Giuoco delle perle di vetro, il libro che gli valse il premio Nobel, era nata grazie al lavoro con le erbacce.

Hermann era un bambino quando sua madre gli affidò la cura di un'aiuola nei pressi della casa di famiglia nella BischofstraBe, a Calw.i Poi conobbe il giardino del nonno paterno, dove il vec­chio consigliere di Stato e medico condotto si ritirava a meditare, e rimase abbagliato. Lo definirà "il più bel giardino che abbia mai vìsto'", La presenza di un pezzo di terra attorno alla casa divenne un bisogno fondamentale. Così da adulto, quando si trattò di scegliere tra un'abitazione con un prato e lo spazio per pian­tarci alberi e fiori o una casa dotata dei servizi igienici non ebbe dubbi. Con una sola eccezione, la casa di Gaienhofen, sul lago di Costanza, dove andò a stare dopo il matrimonio con Maria Bernoulli. Lì non c'era giardino, "solo una piccola macchia d'erba con due o tre minuscoli alberi da frutto" 6. Anche per questo motivo dopo quattro anni decisero di acquistare un terreno fuori dal paese.

Scriverà Hesse a proposito di questa scelta: "Quasi più impor­tante della casa divenne per me il giardino. Non ne avevo mai avuto uno mio, e una naturale conseguenza delle mie idee cam­pagnole era che dovessi disporlo, piantarlo e curarlo da me [ ... ] Vi costruii una tettoia per la legna da ardere e per gli attrezzi, e valendomi del consiglio di un giovane contadino tracciai sentieri e aiuole e piantai alberi: un tiglio, una catalpa, una faggiuola e una quantità di bacche e di begli arbusti da frutto". E poi fragole, lamponi, cavolfiori, piselli, insalata, centinaia di girasoli e migliaia di cappuccine "in tutte le sfumature del rosso e del giallo".

Ma la vita da contadino non era fatta per lui. E allora Hermann si mise alla ricerca di un'altra soluzione, questa volta a Berna, dove già viveva l'amico pittore Albert Welti con sua moglie. La morte improvvisa dei Welti sembrò mandare all'aria il pro­gramma. Superato qualche scrupolo, invece, Hermann e Maria decisero di subentrare nella loro casa. Era un' occasione da non perdere. Un'abitazione del Diciassettesimo secolo che compren­deva anche "una grossa porzione di terreno da coltivare e una casa rurale affidati a un fittavolo, il quale ci forniva il latte per l'uso domestico e il letame per il gìardìno'".

Madonna d'Ongero (4.VIII.2014) e Hermann Hesse a Montagnola [tratto dal sito Florablog]Madonna d'Ongero (4.VIII.2014) e Hermann Hesse a Montagnola [tratto dal sito Florablog]

Madonna d'Ongero (4.VIII.2014) e Hermann Hesse a Montagnola [tratto dal sito Florablog]

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