Visto che il dibattito sui beni culturali a Lugano prosegue, questa volta proponiamo il contributo che l'arch. Riccardo Bergossi ha scritto sul Corriere del Ticino del 19 luglio 2011. Merita di essere letto, come merita d'essere ascoltato quanto detto sempre dall'arch. Bergossi nel corso della trasmissione Demilition City dedicata da Falò a quanto sta avvenendo a Lugano: vi consigliamo di andare sul sito della RSI e rivedere l'intera trasmissione.
Demolition City è fondamentale per capire lo scontro in atto: è uno scontro di due visioni dei beni culturali, della società, dell'economia, dell'essere umano.
Infatti, stiamo assistendo a un vero scontro di civiltà (altro che quello proposto dal prof. Samuel Huntington!): gli edifici - palazzi, ville, giardini e parchi storici - creati dalla borghesia illuminata dell''800 e della prima parte del '900 sono distrutti senza sosta dalla doppia azione dell'ignoranza e della speculazione, in primo luogo degli amministratori locali e da qui la reazione della società civile a difesa di beni che sono veri e propri BENI COMUNI (si veda l'articolo che abbiamo pubblicato il 24 giugno 2011 dedicato al dibattito sulla Legge sullo sviluppo territoriale, in cui abbiamo ripreso un breve passaggio dell'interessantissimo articolo di Aldo Bertagni apparso su La Regione) . Su quest'ultimo concetto torneremo presto, con una riflessione (conclusiva?) sul dibattito luganese.
"LA CITTÀ: IL NUOVO CONVIVE CON L'ANTICO
Il dibattito sulla trasformazione edilizia della città di Lugano ospitato dal «Corriere del Ticino» sembrava dover terminare con l'intervista al sindaco pubblicata il 23 giugno. Così non è stato, le parole di Giorgio Giudici hanno ispirato nuovi commenti. L'editoriale del 4 luglio dal titolo Un volto per una città che vive pareva aver messo il punto finale alla discussione, ma a sua volta ha avuto una coda. Il confronto non vuole proprio estinguersi, segno che il tema è molto sentito: mi permetto quindi di riallacciarmi al testo dell'editoriale.
Le valutazioni sull'aspetto della città di Lugano e gli auspici per la sua evoluzione futura vi sono presentate con una
interessante pluralità di spunti: l'evoluzione urbana in Europa dalla nascita delle cattedrali attraverso il Rinascimento, l'Ottocento, fino a oggi, la proiezione verso il futuro, l'umana
nostalgia per il tempo dell'infanzia e della gioventù e per i luoghi che a quelle hanno fatto da sfondo, infine la necessità di modernizzare la città, di adeguarla al mutare delle esigenze degli
abitanti. L'esposizione articolata sulla contrapposizione tra vecchio e nuovo rischia però di dare un'immagine in bianco e nero dei processi di trasformazione urbana, mentre sono le tante
gradazioni intermedie quelle che meglio si addicono a decifrare le oscillazioni della storia.
Partiamo dalle cattedrali. Sono nate nel Medioevo, comunemente su edifici religiosi preesistenti modificati e ampliati, ma dei quali si mantenevano evidenti tracce. Quale sorpresa possiamo
provare noi oggi visitando per esempio il duomo di Siracusa, quando oltre l'imponente facciata barocca scopriamo le colonne doriche del tempio greco sul quale la chiesa si è insediata. La
costruzione di ogni cattedrale si protraeva nei secoli, così anche San Lorenzo di Lugano è un edificio romanico, con facciata cinquecentesca, cappelle barocche, sagrato neoclassico, decorazione
pittorica dei primi del 900, e la convivenza dei linguaggi corrispondenti a diverse epoche ne costituisce un valore che si aggiunge a quello intrinseco dei singoli elementi.
Come le chiese, nella città del Rinascimento i grandi palazzi sorgevano non al posto delle case medievali - che a loro volta erano le case dell'epoca romana trasformate nei secoli - ma su
queste, mantenendone strutture murarie e perfino ambienti. Le città allora densamente edificate e cinte da mura non avevano spazi disponibili per nuove costruzioni ed era quindi d'obbligo
operare sull'esistente. La pratica aveva anche una giustificazione economica: reperire i materiali da costruzione era difficoltoso mentre per secoli le tecniche costruttive sono rimaste le
stesse: era quindi conveniente riutilizzare le preesistenze. Per fare un esempio concreto, la luganese Villa Ciani, sorta nel 1840, nelle irregolarità della pianta, con sale ognuna dalle
dimensioni differenti, mostra di essere frutto della trasformazione di un altro edificio, la casa dei Beroldingen. Vediamo, dunque, che fino ai primi decenni del 900 ogni intervento nuovo
nella città storica era in verità un rinnovamento che conservava la sostanza muraria e contemplava il ricupero di elementi architettonici che venivano riutilizzati sul posto o altrove. A
partire dalla rivoluzione delle tecniche costruttive tra gli anni 30 e 40 del 900, invece, una nuova costruzione presuppone la completa cancellazione di ogni preesistenza fino a parecchi metri
sotto la quota stradale e oggi nulla viene ricuperato al momento della demolizione di un edificio.
Le città storiche in alcuni periodi si sono anche ampliate. Nel 500 esse sono state dotate di nuove cinte murarie munite di bastioni a difesa da un nuovo pericolo: l'artiglieria. Dall'Addizione
Erculea di Ferrara (1495-1510), la costruzione dei bastioni si rivelava l'occasione per estendere la superficie urbana. L'urbanistica barocca prevedeva allora le residenze dei principi con
ampie piazze e giardini su queste nuove aree, mentre estensioni importanti non utilizzate erano attribuite ai conventi che con i loro orti venivano a fare corona intorno alla città storica.
Successivamente, a cavallo tra l'800 e il 900, le città europee hanno avuto uno sviluppo mai conosciuto prima e hanno incominciato a espandersi all'esterno delle mura, gradualmente abbattute.
A fianco dei centri antichi erano edificati nuovi comparti. La Torre Eiffel, citata nell'articolo come esempio del rinnovamento dell'immagine di Parigi, è sorta su aree in precedenza libere, e
nasceva - ricordiamolo - come opera effimera, celebrazione dei traguardi raggiunti dall'ingegneria in occasione dell'Esposizione internazionale del 1889, ma destinata a essere smantellata, e
solo in seguito è diventata uno dei simboli di Parigi.
Come nelle altre città, a Lugano i regolamenti edilizi hanno pianificato i quartieri nuovi sorti dalla fine dell'800 in modo ordinato attorno al borgo, costituiti da edifici dalle
omogenee caratteristiche di dimensioni e linguaggio architettonico, case d'affitto nelle zone più prossime come via Lucchini e più oltre case uni o bifamiliari con giardino. Questo piano di
sviluppo, arrivato a compimento in circa 40 anni, dopo la guerra è saltato per l'impulso edilizio catalizzato dalla crescente speculazione, non imbrigliato dai nuovi piani regolatori. Il
risultato è la Lugano odierna, congestionata e disordinata. Trent'anni fa, quando incominciava l'urbanizzazione del Pian Scairolo, si stava allestendo il piano regolatore adesso
vigente. Allora per Lugano sarebbe stato possibile fermare la distruzione delle aree intorno al centro e indirizzare la domanda di superfici per il terziario - banche in primis - verso un nuovo
quartiere in prossimità del collegamento autostradale, coinvolgendo nel progetto committenti e architetti. Un'occasione perduta. Inoltre, l'area del piano, povera di architetture interessanti
o anche solo mediocri, ci dimostra che i criteri di pianificazione che ne hanno guidato lo sviluppo funzionano per la città nuova ancora meno bene che per la città storica. Tra qualche anno
sorgerà il nuovo quartiere di Cornaredo: è auspicabile indirizzare là la crescita e dare tregua alla Lugano storica. In che modo questa potrà essere migliorata? Non sono estemporanee idee folli
quelle che consentiranno di dare un futuro brillante a Lugano, ma la sostituzione dei piani regolatori caratterizzati da grandi aree dagli indici di costruzione elevati con piani
particolareggiati più parsimoniosi. Lo studio sistematico della situazione attuale è la base per disegnare un ordine ora carente con lo strumento del concorso d'architettura e permettere
all'edilizia storica di convivere armoniosamente con quella nuova. Eccoci infine al tema all'ordine del giorno a Lugano, dove un pezzo per volta gli edifici storici sono sostituiti da
fabbricati nuovi dalle dimensioni molto maggiori. Ma mentre le case distrutte presentano un valore architettonico mediamente elevato (parole di Bernhard Furrer sulla NZZ del 3 giugno) ciò che
ne prende il posto è in alta percentuale un'edilizia banale che sembra avere come prima e unica ambizione quella di sfruttare al massimo e a costi contenuti le possibilità edificatorie
concesse dalle leggi edilizie. Può darsi che il bello e il brutto nelle costruzioni siano soggettivi (ma se così fosse non servirebbero più gli architetti). Il banale è però oggettivamente
riconoscibile: manca, infatti, di ricerca architettonica e presenta una standardizzazione estrema dei dettagli, dei materiali e delle stesse soluzioni abitative. L'esigenza di
istituire una tutela su alcuni edifici storici è sentita. Contrastare il desiderio di conservazione dicendo che la città va lasciata svilupparsi e non deve essere imbalsamata, preoccupazione
che si evince anche dall'editoriale con i riferimenti al Rinascimento eccetera, avrebbe un significato se Lugano fosse rimasta in tutto e per tutto com'era 100 o più anni fa, cosa che in verità
non è accaduta nemmeno a Venezia o a Berna. Invece a Lugano il rapporto tra gli edifici costruiti prima e dopo la guerra è a occhio e croce quello di Berlino, città che è stata quasi rasa al
suolo per i bombardamenti; di certo a Milano, che è stata molto danneggiata dalle incursioni aeree del 1943, la percentuale di edifici d'anteguerra è ben più alta che qui. Inoltre, troppi
monumenti luganesi che dovevano essere conservati sono stati già distrutti da molti anni, e penso agli edifici prenovecenteschi: i conventi trasformati come il Venezia e le Scuole, l'Asilo
vecchio con le antiche case di piazza Cioccaro, l'Ospedale di Santa Maria, l'Albergo Svizzero, le case settecentesche di via Nassa e di via Peri, il Castello di Trevano, ma anche le grandi
ville dei primi del 900 che rappresentavano il meglio dell'architettura di quell'epoca: Villa Florida, Villa Apostoli in riva Caccia, le due ville Soldati una al ferro di cavallo e l'altra a
Loreto, ai grandi alberghi sul lago come il Lloyd e il Park Hotel ed è meglio fermare qui l'elenco.
Che la città di Lugano si impegni ora per conservare, tra le migliaia di edifici del suo parco immobiliare, quei 120 circa ai quali gli esperti dell'Ufficio cantonale dei beni culturali
attribuiscono un valore storico architettonico notevole, è veramente una piccola cosa e non ha niente a che fare con la nostalgia: è un'operazione culturale, inderogabile".
BERGOSSI RICCARDO