Riprendiamo e pubblichiamo un articolo del prof. Renato Martinoni apparso sul Corriere del Ticino del 18 maggio 2011 dedicato al Locarnese, allo sviluppo urbano, al turismo e al paesaggio: utile per la riflessione che stiamo facendo.
LA «PROGETTUALITÀ» E IL DEGRADO URBANISTICO NEL LOCARNESE
Una persona a me molto cara mi ha detto l'altro giorno: «Quando mi chiedono dove abito, e devo dire Minusio, me ne vergogno». Ohibò, mi è venuto di pensare. Quando io avevo l'età di questa persona, il nome di «Minusio» veniva pronunciato con una certa fierezza. Significava vivere in un paese tranquillo, ancora ragionevolmente verde di prati, privo di palazzi dormitorio e di gente che si incontra soltanto al supermercato, fiero di alcune sue tradizioni e via di seguito. Chi transita oggi per la via principale del paese, però, si vede circondato da una fitta foresta cementificata fatta di palazzine, distributori di benzina, officine e garage, piazzali asfaltati e cimiteri, ... una più attenta, seria e rispettosa attenzione nell'allestimento dei piani urbanistici, del loro rispetto, e delle regole le più elementari del buon gusto, e, perché no?, di principi che appartengono alla tradizione culturale, e dell'equilibrio architettonico, potrebbero senz'altro attenuare il disordine inaccettabile che stiamo erigendo e il caos estetico e urbanistico che inevitabilmente ne consegue.
Una persona a me molto cara mi ha detto l'altro giorno: «Quando mi chiedono dove abito, e devo dire Minusio, me ne vergogno». Ohibò, mi è venuto di pensare.
Quando io avevo l'età di questa persona, il nome di «Minusio» veniva pronunciato con una certa fierezza. Significava vivere in un paese tranquillo, ancora ragionevolmente verde di prati, privo
di palazzi dormitorio e di gente che si incontra soltanto al supermercato, fiero di alcune sue tradizioni e via di seguito. Chi transita oggi per la via principale del paese, però, si vede
circondato da una fitta foresta cementificata fatta di palazzine, distributori di benzina, officine e garage, piazzali asfaltati e cimiteri, vari cimiteri, zeppi di auto d'occasione, manifesti
pubblicitari e scritte sui muri («il potere è spazzatura», dice una di esse). Sembra di essere nella periferia di una grande città (che qui però non c'è, né di fatto né nei progetti): mancano
soltanto ancora i venditori di kebab. Per molti anni il biglietto da visita è stato distribuito ai passanti da un'alta gru arrugginita, rimasta ben piantata a ricordare un abuso edilizio.
Tolto a fatica l'ossuto scheletro di metallo, e mai del tutto risolto l'illecito, cioè chiamate le ruspe a grattare via il sovrappiù, si è continuato a rapallizzare il territorio. E il
risultato (anzi: i risultati, dato che il gioco continua), è sotto gli occhi di tutti.
Non vorrei essere scambiato per un «andeghèè», cioè per un passatista. Sarebbe la formula più comoda per lavarsene le mani. Né penso in alcun modo - parlando di
Minusio, paese che continuo ad amare, o indirettamente del suo Municipio (di cui ho rispetto e stima) - di voler colpire un luogo dimenticandone altri non meno votati al disastro urbanistico.
Capisco benissimo che il mondo non è né può essere un museo e che nessuna campana di vetro lo salverebbe dal disastro e dal ciarpame. So che dietro l'edilizia, e al suo entourage, c'è molta
gente che lavora, che ha il diritto di vivere, se possibile bene, e tutto il resto (so anche, va da sé, che ci sono gli speculatori, magari travestiti da ecologisti, o da paladini delle regole
civili, più spesso però da populisti; e i palazzinari, architetti e costruttori; e gli avvocati che ci fanno la cresta; e che il territorio, specie laddove si riduce sempre più, diventa una
torta golosa da spartire: con le buone o con le cattive, con le pacche sulle spalle o con le bustarelle).
Ma tutto questo non basta per non dover aggiungere qualche necessaria riflessione. Diviso in tante parrocchie, tante quante sono i suoi campanili, e non sempre
governato da politici all'altezza del loro compito, il Locarnese è zona naturalisticamente molto bella. Basta guardare, chiudendo gli occhi su tutto il resto, il suo lago, il delta, le coste
rivierasche e le sue montagne (e naturalmente le luci, le atmosfere, il clima). È in virtù di questa situazione che, con il tempo, si è trasformato in luogo turistico. E il turismo, non
poteva essere altrimenti, è diventato uno dei motori dell'economia locale. Ora, il turismo vuole le sue attrattive. Questo significa che le autorità politiche, e chi ha il compito di
occuparsi del territorio, del suo assetto urbano e regionale, e del rispetto delle regole della decenza, devono impegnarsi per evitare che l'interesse privato, o le disattenzioni, o peggio le
connivenze, o il cattivo gusto, abbiano il sopravvento e continuino a produrre gli esempi negativi che sono sotto gli occhi di tutti. Fino a quando basteranno il lago, e le sue sponde, e le
montagne, e le luci, cioè i regali della natura, e i grotti, e l'immagine della «Sonnenstube»? E quando inizierà, il turismo, scioccato dalle malefatte dell'uomo, ad averne abbastanza? È un
discorso, questo, che vale per l'oggi e soprattutto per il domani: quando chi verrà dopo di noi sarà portato a chiedersi come è potuto capitare quello che è capitato. Non si tratta, lo ripeto,
di combattere contro i mulini a vento: il progresso è progresso e non può né deve essere frenato. Tuttavia, una più attenta, seria e rispettosa attenzione nell'allestimento dei piani
urbanistici, del loro rispetto, e delle regole le più elementari del buon gusto, e, perché no?, di principi che appartengono alla tradizione culturale, e dell'equilibrio architettonico,
potrebbero senz'altro attenuare il disordine inaccettabile che stiamo erigendo e il caos estetico e urbanistico che inevitabilmente ne consegue. Ciascuno, va da sé, avrà le proprie
giustificazioni. Ma tutti abbiamo delle responsabilità. C'è una parola, fra l'altro, che si sente spesso in bocca ad alcuni politici locarnesi: «progettualità». Pensavo di conoscerne il
significato. Ma, guardandomi intorno, temo purtroppo di avere capito male.
RENATO MARTINONI
professore all'Università di San Gallo